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Significato di bitchy

cattivo; malizioso; scontroso

Etimologia e Storia di bitchy

bitchy(adj.)

Nel 1925, negli Stati Uniti, il termine era usato per descrivere qualcosa di "sessualmente provocante"; successivamente, negli anni '30, assunse il significato di "maligno, cattivo, di cattivo umore" (solitamente riferito a donne). Deriva da bitch + -y (2). Inizialmente era usato per descrivere i cani maschi che sembravano meno ruvidi o grossolani del normale.

Mr. Ramsay says we would now call the old dogs "bitchy" in face. That is because the Englishmen have gone in for the wrong sort of forefaces in their dogs, beginning with the days when Meersbrook Bristles and his type swept the judges off their feet and whiskers and an exaggerated face were called for in other varieties of terriers besides the wire haired fox. [James Watson, "The Dog Book," New York, 1906]
Il signor Ramsay dice che ora chiameremmo "bitchy" i vecchi cani in faccia. Questo perché gli inglesi hanno scelto il tipo sbagliato di muso per i loro cani, a partire dai tempi in cui Meersbrook Bristles e il suo tipo facevano impazzire i giudici, e un muso esagerato e baffi folti erano richiesti in altre varietà di terrier oltre al fox terrier a pelo duro. [James Watson, "The Dog Book," New York, 1906]

Correlati: Bitchily; bitchiness.

Voci correlate

In antico inglese, bicce significava "cagna," e probabilmente derivava dall'antico norreno bikkjuna, che si traduceva come "femmina del cane" (usato anche per la volpe, il lupo e occasionalmente altri animali). L'origine di questo termine rimane sconosciuta. Grimm sosteneva che la parola norrena provenisse dal lappon pittja, ma il Dizionario di Oxford (OED) osserva che "l'opposto è altrettanto possibile." Come termine dispregiativo rivolto alle donne, risale circa al 1400; per gli uomini, appare intorno al 1500, usato in modo scherzoso nel senso di "cane." Tra gli uomini omosessuali, è stato utilizzato a partire dagli anni '30. Nello slang moderno (anni '90, originariamente vernacolo afroamericano), il suo impiego per riferirsi a un uomo è sessualmente dispregiativo, derivando dall'insulto legato a "donna."

BITCH. A she dog, or doggess; the most offensive appellation that can be given to an English woman, even more provoking than that of whore. ["Dictionary of the Vulgar Tongue," 1811]
BITCH. Una cagna, o cagnolina; l'appellativo più offensivo che si possa dare a una donna inglese, persino più provocatorio di quello di prostituta. ["Dictionary of the Vulgar Tongue," 1811]

Bitch goddess è stato coniato nel 1906 da William James; l'originale era success.

"lamentarsi," attestato almeno dal 1930, forse dal significato in bitchy, forse influenzato dal verbo che significa "rovinare, guastare," registrato dal 1823. Ma bitched in questo senso sembra richiamare il medio inglese bicched "maledetto, cattivo," un termine generale di disprezzo (come nei versi di Chaucer bicched bones "dadi sfortunati"), che nonostante le riserve dell'OED, sembra essere un derivato di bitch (sostantivo).

È un suffisso aggettivale molto comune che significa "pieno di, coperto da, o caratterizzato da" ciò che esprime il sostantivo. Deriva dall'inglese medio -i, che a sua volta proviene dall'inglese antico -ig, risalendo al proto-germanico *-iga- e all'indoeuropeo -(i)ko-, un suffisso aggettivale. È imparentato con elementi greci come -ikos e latini come -icus (vedi -ic). Tra i cognati germanici troviamo il fiammingo, il danese, il tedesco -ig e il gotico -egs.

È stato usato a partire dal XIII secolo con i verbi (drowsy, clingy) e nel XV secolo ha iniziato a comparire anche con altri aggettivi (crispy). È principalmente associato a monosillabi; con aggettivi di più di due sillabe tende a risultare comico.

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Le forme varianti in -y per aggettivi brevi e comuni (vasty, hugy) hanno aiutato i poeti dopo la perdita della -e grammaticalmente vuota ma metricamente utile nell'inglese medio tardo. Gli autori di versi si sono adattati alle forme in -y, spesso in modo artistico, come nel verso di Sackville "The wide waste places, and the hugy plain." (usare and the huge plain avrebbe creato un problema metrico).

Dopo la critica di Coleridge, che lo considerava un artificio arcaico, i poeti hanno abbandonato forme come stilly (Moore è probabilmente stato l'ultimo a usarla, con "Oft in the Stilly Night"), paly (già usata da Keats e dallo stesso Coleridge) e altre simili.

Jespersen, nel suo "Modern English Grammar" del 1954, elenca anche bleaky (Dryden), bluey, greeny e altri termini legati ai colori, lanky, plumpy, stouty e lo slang rummy. Secondo lui, Vasty sopravvive solo come imitazione di Shakespeare, mentre cooly e moisty (Chaucer, quindi Spenser) sono ormai completamente obsoleti. Tuttavia, in alcuni casi nota che forme come haughty e dusky sembrano aver soppiantato quelle più brevi.

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