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Significato di shiny

lucido; brillante; splendente

Etimologia e Storia di shiny

shiny(adj.)

Negli anni 1580, il termine descriveva qualcosa di "luminoso, splendente; con un aspetto luccicante o lucido," derivando da shine (sostantivo) + -y (2). Come sostantivo, per indicare "un oggetto lucido" (inizialmente usato in gergo per riferirsi a the shiny, ovvero "denaro"), il termine risale al 1856. È correlato a Shininess.

Voci correlate

Nella prima metà del 1500, il termine indicava "luminosità, brillantezza," derivando dal verbo shine. Col significato di "luce solare," è stato accoppiato con rain (sostantivo) a partire dagli anni '20 del 1600. L'accezione "lucidatura per un paio di stivali" risale al 1871.

Per il significato gergale in inglese americano di "uno scherzo, un trucco," si veda monkey-shines. Spesso usato anche per indicare "una fantasia, un'inclinazione," come nelle espressioni take a shine to, che significa "prendere una cotta," attestato già nel 1830 in rappresentazioni del dialetto yankee; shine up to significa "cercare di piacere come un corteggiatore facendo una buona impressione," risalente al 1882.

Il significato dispregiativo di "persona di colore" è attestato dal 1908, forse derivante dalla lucentezza della pelle o, secondo un'altra ipotesi, dall'impiego comune come lucidatori di scarpe.

È un suffisso aggettivale molto comune che significa "pieno di, coperto da, o caratterizzato da" ciò che esprime il sostantivo. Deriva dall'inglese medio -i, che a sua volta proviene dall'inglese antico -ig, risalendo al proto-germanico *-iga- e all'indoeuropeo -(i)ko-, un suffisso aggettivale. È imparentato con elementi greci come -ikos e latini come -icus (vedi -ic). Tra i cognati germanici troviamo il fiammingo, il danese, il tedesco -ig e il gotico -egs.

È stato usato a partire dal XIII secolo con i verbi (drowsy, clingy) e nel XV secolo ha iniziato a comparire anche con altri aggettivi (crispy). È principalmente associato a monosillabi; con aggettivi di più di due sillabe tende a risultare comico.

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Le forme varianti in -y per aggettivi brevi e comuni (vasty, hugy) hanno aiutato i poeti dopo la perdita della -e grammaticalmente vuota ma metricamente utile nell'inglese medio tardo. Gli autori di versi si sono adattati alle forme in -y, spesso in modo artistico, come nel verso di Sackville "The wide waste places, and the hugy plain." (usare and the huge plain avrebbe creato un problema metrico).

Dopo la critica di Coleridge, che lo considerava un artificio arcaico, i poeti hanno abbandonato forme come stilly (Moore è probabilmente stato l'ultimo a usarla, con "Oft in the Stilly Night"), paly (già usata da Keats e dallo stesso Coleridge) e altre simili.

Jespersen, nel suo "Modern English Grammar" del 1954, elenca anche bleaky (Dryden), bluey, greeny e altri termini legati ai colori, lanky, plumpy, stouty e lo slang rummy. Secondo lui, Vasty sopravvive solo come imitazione di Shakespeare, mentre cooly e moisty (Chaucer, quindi Spenser) sono ormai completamente obsoleti. Tuttavia, in alcuni casi nota che forme come haughty e dusky sembrano aver soppiantato quelle più brevi.

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    Traduzione generata da IA. Per il testo originale, clicca qui: Etymology, origin and meaning of shiny

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