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Significato di glassy

vetrato; lucido; fisso e privo di espressione

Etimologia e Storia di glassy

glassy(adj.)

Verso la fine del XIV secolo, deriva da glass (sostantivo) + -y (2). Dall'inizio del XV secolo, usato in riferimento all'occhio e simili, per descrivere qualcosa di "fisso e privo di espressione."

Voci correlate

Il termine inglese antico glæs, che significa "vetro" o "un recipiente di vetro," deriva dal proto-germanico *glasam, che ha lo stesso significato. Questa radice è all'origine anche di parole simili in altre lingue germaniche, come l'antico sassone glas, il medio olandese e olandese glas, il tedesco Glas e il norreno gler, che indicano "vetro" o "specchio di vetro." In danese si usa glar. Tutto ciò risale alla radice proto-indoeuropea *ghel- (2), che significa "brillare." Da questa radice derivano anche parole che descrivono colori o materiali luminosi. Infatti, la stessa radice è alla base di molti termini per il grigio, blu, verde e giallo, come l'inglese antico glær che significa "ambra," il latino glaesum per "ambra" (che potrebbe derivare dal germanico), l'antico irlandese glass che significa "verde, blu, grigio," e il gallese glas che significa "blu."

Il significato più specifico di "bicchiere da bere" è emerso all'inizio del XIII secolo ed è ora riservato a questo tipo di oggetto, escludendo altri recipienti di vetro. L'uso per "specchio di vetro" risale al XIV secolo. Il significato di "vetro riempito di sabbia mobile per misurare il tempo" è comparso negli anni '50 del XVI secolo, mentre quello di "strumento ottico" è documentato a partire dagli anni '10 del XVII secolo.

È un suffisso aggettivale molto comune che significa "pieno di, coperto da, o caratterizzato da" ciò che esprime il sostantivo. Deriva dall'inglese medio -i, che a sua volta proviene dall'inglese antico -ig, risalendo al proto-germanico *-iga- e all'indoeuropeo -(i)ko-, un suffisso aggettivale. È imparentato con elementi greci come -ikos e latini come -icus (vedi -ic). Tra i cognati germanici troviamo il fiammingo, il danese, il tedesco -ig e il gotico -egs.

È stato usato a partire dal XIII secolo con i verbi (drowsy, clingy) e nel XV secolo ha iniziato a comparire anche con altri aggettivi (crispy). È principalmente associato a monosillabi; con aggettivi di più di due sillabe tende a risultare comico.

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Le forme varianti in -y per aggettivi brevi e comuni (vasty, hugy) hanno aiutato i poeti dopo la perdita della -e grammaticalmente vuota ma metricamente utile nell'inglese medio tardo. Gli autori di versi si sono adattati alle forme in -y, spesso in modo artistico, come nel verso di Sackville "The wide waste places, and the hugy plain." (usare and the huge plain avrebbe creato un problema metrico).

Dopo la critica di Coleridge, che lo considerava un artificio arcaico, i poeti hanno abbandonato forme come stilly (Moore è probabilmente stato l'ultimo a usarla, con "Oft in the Stilly Night"), paly (già usata da Keats e dallo stesso Coleridge) e altre simili.

Jespersen, nel suo "Modern English Grammar" del 1954, elenca anche bleaky (Dryden), bluey, greeny e altri termini legati ai colori, lanky, plumpy, stouty e lo slang rummy. Secondo lui, Vasty sopravvive solo come imitazione di Shakespeare, mentre cooly e moisty (Chaucer, quindi Spenser) sono ormai completamente obsoleti. Tuttavia, in alcuni casi nota che forme come haughty e dusky sembrano aver soppiantato quelle più brevi.

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    Traduzione generata da IA. Per il testo originale, clicca qui: Etymology, origin and meaning of glassy

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